Sviluppo, educazione e genitorialità

“Se non la smetti me ne vado e ti lascio qui da solo!”: Ma tuo figlio come si sente?

E’ un bel pomeriggio di ottobre, non fa ancora molto freddo, e tu e il tuo bambino/a siete appena usciti dal nido/scuola materna.
Decidi di portarlo al parco, visto che è proprio una bella giornata.
Tra un gioco e l’altro è già passata quasi un’ora, e adesso è arrivato il momento di tornare. C’è da fargli il bagno, preparare da mangiare, sistemare i vestiti che avevi lasciato appesi sullo stendino… Ma tuo figlio proprio non ne vuole sapere di voler tornare a casa.
“Io voglio stare ancora al parco…”
“Allora gli ultimi 5 minuti, ma poi andiamo”.
Dopo 5 minuti lo chiami di nuovo, già scocciata, stanca, pensando a tutte le cose che devi fare e al tempo che impiegherai a farle.
“Noooo!Non voglio andare a casa, stiamo ancora quiiii!!
“Ti ho detto che stavamo ancora 5 minuti, i 5 minuti sono finiti, adesso andiamo.”
“Nooo!”
“Adesso basta, andiamo!
“Noooo!”
Ed eccoti arrivata al limite della pazienza:

“Adesso basta! Se non la smetti me ne vado e ti lascio qui da solo!”

Allora, tuo figlio incomincia a piangere e, tra le lacrime e le urla, si lamenta perché vuole stare ancora al parco ma allo stesso tempo non vuole rimanere da solo, e viene da te.

Forse, anche a te è capitato di trovarti in una situazione simile, che sia il parco, il reparto giocattoli del supermercato, o le giostre…

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Pronunci la fatidica frase, e pare anche funzionare sul momento, perché dopo tutti i tuoi “Dobbiamo andare!” il tuo bambino arriva da te e riuscite a tornare a casa.

Ma la situazione la volta dopo si ripresenta.

Ti sei mai domandata perché?

Proviamo a rifletterci insieme….

Secondo te il tuo bambino corre da te perché ha capito che non deve fare i capricci? O perché ha capito che sono passati i 5 minuti e bisogna andare a casa?

O, forse, è perché il bambino ha davvero paura di essere abbandonato dalla persona che ama e rimanere da solo?

Prova a metterti nei suoi panni.

Cosa pensa e come si sente tuo figlio quando si sente dire questa frase?

“Se non la smetti me ne vado e ti lascio qui da solo!”

Tu come ti sentiresti?

Io sarei spaventata dall’idea che mia mamma se ne vada e mi lasci da sola al parco, e per questo correrei da lei. Ma allo stesso tempo sarei anche arrabbiata perché quello che io voglio è rimanere al parco a divertirmi, e io la nozione del tempo, dei 5 minuti (siccome sono ancora piccola) non la capisco molto bene.

Quindi si, corro da lei e riusciamo ad andare a casa, ma con tutta la rabbia, paura e tristezza.

Eppure la prossima volta le situazione sarà sempre la stessa.

Perché?

Con questo metodo il tuo bambino ti segue, ma non perché ha capito che deve andare via quando è passato un tot. di tempo, o perché ha capito che non deve fare i capricci, che deve ascoltare i genitori o rispettare le regole.

Il tuo bambino ti ascolta e viene da te solamente per paura.

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Paura.

Paura che la persona che più ama al monda se ne vada e lo abbandoni, perché l’allontanamento da parte della figura di riferimento sollecita nei bambini la  paura di essere abbandonati.

Quindi, utilizzando questa frase si fa leva sulla paura di abbandono che ha il bambino. Infatti, quando avviene una separazione tra il bambino e la sua figura di riferimento, si attiva in lui un comportamento volto a ricercarne la vicinanza.

E presto fatto, appena il bambino vede che gli voltate le spalle e fate per andarvene, lui arriva.

Tuttavia, già nella vita di tutti i giorni i bambini si ritrovano a dover gestire questa paura durante i momenti di separazione dalla loro mamma. Per esempio tutte le mattine quando il bambino viene lasciato al nido e la mamma va a lavorare; ma anche di notte, quando il bambino viene lasciato a dormire separato dai genitori, nel buio della sua cameretta.

Eppure, in queste occasioni si cerca di favorire la separazione accogliendo le paure del bambino e cercando di rispettare i suoi tempi, confermando che poi la mamma torna sempre e creando rituali di saluto e separazione. 

Perché, invece, capita poi di fare l’opposto in situazioni come quella descritta all’inizio, usando la paura dell’abbandono del proprio figlio per farlo muovere immediatamente?

Forse perché sei stanca, e sei sempre di fretta, e per questo è difficile rispettare i tempi del tuo bambino, che sono più lenti dei tempi di un adulto.

Forse perché hai perso la pazienza, e sei infastidita o addirittura arrabbiata.

Forse perché fai fatica a metterti nei suoi panni, hai dimenticato cosa vuol dire essere bambini, e non è facile capire i suoi bisogni.

Lo capisco, lavoro in un asilo nido e ogni giorno sono a contatto con più bambini, ognuno con i propri tempi, desideri e bisogni, che occorre poi far conciliare con i tempi e i bisogni del mondo degli adulti, che purtroppo sono ancora molto diversi dai tempi dei bambini.

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Allora cosa si può fare?

Intanto, il primo passo è sempre quello di diventare più consapevoli; consapevoli rispetto a quello che si dice al proprio figlio, come lo si dice e ai comportamenti che metti in atto nella relazione con lui, e consapevole anche dei suoi bisogni.

Il secondo passo è quello di mettersi nei panni del proprio figlio, e domandarsi “Come si sentirà mio figlio se gli dico questa frase?”, “Come mi sentirei io?”, “Come mi sentivo io da piccola, quando i miei genitori mi dicevano questa frase, o simili?”

E dopo esserti messa nei panni di tuo figlio, riuscendo a capire cosa prova, e diventando consapevole anche dei suoi bisogni, allora puoi passare al terzo passo, ovvero trovare delle possibili alternative che tengano conto dei sentimenti e dei bisogni del tuo bambino, e allo stesso tempo dei tuoi bisogni.

Allora ti chiedo…

E’ possibile secondo te trovare delle alternative per farti ascoltare dal tuo bambino senza minacciare di lasciarlo da solo? Senza fare leva sulla sua paura dell’abbandono? Prova a pensarci e condividi i tuoi pensieri nei commenti.

Se sei arrivata fino qui, e senti di fare fatica proprio su questi aspetti, se vuoi puoi contattarmi per avere un confronto con un professionista.

 

 

 

 

 

 

 

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