Tenere il bambino “sempre” in braccio: vizio o risposta ad un bisogno fisiologico?

Forse è capitato anche a te di sentirti rivolgere, dire, o sentire da altre persone queste frasi:

“Mettilo giù, altrimenti prende il vizio!”

“Non prenderlo in braccio tutte le volte che piange, altrimenti diventa viziato!”

“Vuole stare sempre in braccio!”

“Non tenerlo troppo in braccio!”

E altre frasi simili…

Se si, probabilmente sei una mamma alle prese con il tuo bambino e con le naturali fatiche che comporta il ruolo genitoriale, oppure nel tuo lavoro ti occupi di bambini.

Ma davvero è possibile viziare i bambini prendendoli in braccio?

Per rispondere a questa domanda prima di tutto dobbiamo chiederci:

Cosa significa viziare?

E qui ci viene in aiuto il vocabolario.

Vizio: Dal latino vitium ‘difetto’, o vezzo.

Comunemente il vizio viene inteso come un comportamento abitudinario negativo, che una persona continua a ripetere. Un’abitudine che non si dovrebbe avere, perché potrebbe recare un danno alla persona o agli altri.

Allora, vorrebbe dire che se prendessimo in braccio un bambino, ogni volta che ne fa richiesta (verbalmente o con la comunicazione non verbale), in qualche modo si andrà a creare in lui una qualche abitudine negativa che potrà recargli un danno?

Ma prendere in braccio un bambino quando è triste può davvero arrecargli un danno?

In realtà, se si lasciano da parte vecchie credenze tramandate da generazione in generazione, e apprese durante la propria infanzia, si può scoprire che moltissimi studi, a partire dalla famosa teoria dell’attaccamento di Bowlby, passando dagli esperimenti di Harlow, fino ai più recenti studi di etnopediatria e gli studi nell’ambito delle neuroscienze, hanno dimostrato che in realtà è benefico per il bambino essere preso in braccio, coccolato, accarezzato, tenuto in stretto contatto con la madre, o con qualunque figura si prende cura di lui.

Questo perché?

Perché il bisogno di contatto del bambino è un bisogno fisiologico, primario, innato…per tutti i bambini del mondo, e non un’abitudine appresa!

Prendere e tenere in braccio un neonato o un bambino, non significa viziarlo, ma rispondere a un suo bisogno innato e fisiologico, che influenzerà il suo successivo sviluppo.

Quale bisogno?

Il bisogno di sicurezza e conforto

Infatti, se noi ascoltiamo e soddisfiamo questo suo bisogno, il bambino, con il tempo, costruirà delle rappresentazioni di sé come degno di fiducia e amore, e degli altri come persone delle quali ci si può fidare.

Viceversa, se alla lunga non ascoltiamo e non soddisfiamo il bisogno di contatto e di rassicurazione del bambino, questo crescerà pensando che non può avere fiducia nelle persone intorno a lui, e neanche in sé stesso, in quanto non ricevendo risposte adeguate ai suoi bisogni sentirà di non essere degno di amore e fiducia.

Purtroppo, nella nostra cultura è ancora diffusa la credenza errata che l’indipendenza del bambino sia favorita da un precoce distacco dal genitore.

Ma nessuno studio ha mai dimostrato questo, e non esistono basi scientifiche che confermino che troppo contatto rechi dei danni al bambino.

Anzi, gli studi ci dicono che:

“l’indipendenza del bambino si sviluppa a partire dalla sua naturale e fisiologica dipendenza dall’adulto”.

Per un bambino piccolo, essere tenuto in braccio e cullato è indispensabile tanto quanto il nutrimento, anzi, ancor di più, come dimostrano gli esperimenti di Harlow.

Essere tenuto in braccio per il bambino, significa sentirsi protetto e al sicuro. Significa avere una “base sicura” fondamentale per poi andare alla scoperta del mondo.

Inoltre, le neuroscienze hanno ormai confermato il “potere” calmante del contatto fisico (del tocco, della carezza e dell’abbraccio) sull’essere umano, oltre che effetti positivi a lungo termine per quanto riguarda lo sviluppo di un attaccamento sicuro.

Un particolare ormone, l’ossitocina, che viene rilasciata attraverso le stimolazioni tattili piacevoli, ha un ruolo fondamentale in questo, con importanti effetti tra cui: riduzione dell’ansia, della paura, dolore, stress e infiammazione.

Ecco perché, prendere in braccio un bambino, cullarlo, accarezzarlo ha questo effetto calmante. Ecco perché i bambini ricercano il contatto…per far fronte ad una situazione stressante, di paura, dolore o tristezza, che non riescono ancora a gestire autonomamente.

Attraverso il contatto fisico cercano una risposta al loro bisogno di sicurezza e conforto.

Quindi, utilizzare il contatto fisico lo aiuta anche nel processo di regolazione delle emozioni che, inizialmente, è un processo di eteroregolazione per diventare poi, progressivamente, autoregolazione.

Quindi bisogna prenderli in braccio ogni singola volta che ne fanno la richiesta?

Riconoscere che il contatto fisica risponda ad un bisogno fondamentale per il bambino non significa che, ogni volta in cui il bambino piange, sia necessario prenderlo in braccio.

Ci sono situazioni nelle quali non è possibile fisicamente prendere in braccio il bambino e confortarlo (per esempio quando si è alle prese con più figli), oppure situazioni di stanchezza fisica o mentale, nelle quale non si riesce a essere emotivamente disponibili.

E va bene così

Non deve essere h24.

Non deve essere ad ogni singolo richiamo.

E non devi essere solo ed esclusivamente tu.

Ci sono altre mani amorevoli che se ne possono prendere cura.

Bisogna essere sufficientemente buone” diceva Winnicott, non perfette.

Certo, è difficile riuscire a stare a contatto con i bisogni del proprio bambino quando tu, per prima, non sei stata ascoltata quando eri piccola (perché educata in base alla credenza che, per diventare indipendenti, bisogna staccare il bambino il prima possibile da chi si prende cura di lui).

Inoltre, le incombenze quotidiane tipiche della nostra cultura non facilitano affatto.

Così come la mancanza di aiuti.

Cosa possiamo fare allora?

Prima di tutto diventare consapevoli dei bisogni dei bambini, e di come favorire realmente il loro benessere, senza lasciarsi guidare dalle vecchie credenze.

Poi occorre lavorare su di sé, per imparare a stare in contatto con le emozioni che il propri figlio scatena dentro di te, quando piange e richiede il tuo conforto.

E occorre avere una buona organizzazione in base alle proprie esigenze personali e familiari, che renda possibile rispondere al bisogno di contatto del bambino, senza che la mamma diventi un’acrobata con mille braccia.

E’ difficile? Si…ma è possibile, e se hai bisogno di una mano puoi contattarmi per avere il tuo personale spazio di ascolto.

Se invece vuoi approfondire questo tema trovi qui sotto degli articoli scientifici al riguardo:

Packheiser, J., Hartmann, H., Fredriksen, K. et al. A systematic review and multivariate meta-analysis of the physical and mental health benefits of touch interventions. Nat Hum Behav 8, 1088–1107 (2024). https://doi.org/10.1038/s41562-024-01841-8

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